Non è facile, per me, raccontare l’esperienza di Vita vissuta in Cambogia. E’ stata TANTA è stata PIENA è stata DIFFICILE, ma quella di partire è stata una delle scelte più importanti della mia vita.
Sono partita cercando il silenzio, sperando di trovare lo spazio ed il tempo per pensare perché venivo da un periodo denso di esperienze, di emozioni e di dubbi, mi sentivo carica e mi piaceva molto l’idea di partire dopo aver concluso il Gim 1, mi sentivo pronta, solo non sapevo quanto.
Appena arrivi in un paese lontano vieni completamente sconvolto dalla quantità di odori, suoni e colori che ti accolgono, poi piano piano impari a farci l’abitudine, ma all’inizio ti spaventano molto. La folla per strada, la lingua di cui non capisci nulla quegli sguardi così intensi e lontani da quelli che incontri ogni giorno che spesso fai fatica a sostenerli. Ma sono tutte cose che più o meno metti in conto quando parti. Quello che non puoi sapere è quanto sarai disposto a fare spazio all’Altro che ti viene incontro. Perché puoi scegliere di vivere l’esperienza in maniera più o meno profonda, puoi scegliere di vedere o guardare. Ma spetta solo a te.
Io in Cambogia sono profondamente stata messa in discussione in tutta la mia umanità. Ho passato un mese da sola, in compagnia di cambogiani che mi hanno accolta nella maniera più semplice possibile, cercando sempre di farmi stare bene; ed io mi sono sentita a casa ogni singolo giorno. E’ un paese pieno di contraddizioni, la politica è una delle peggiori del pianeta, la corruzione è dilagante, una delle più grandi fonti di guadagno è il turismo sessuale minorile (qui le tariffe sono piuttosto “convenienti” ed i bambini cominciano ad essere venduti a 3-4 mesi per 300 dollari) ed i “clienti” sono per il 90% europei di buona estrazione che si nascondono dietro a parrucchini e baffi finti. Il governo sta svendendo tutto, le isole, la sabbia delle spiagge tropicali dove, se cammini un po’ e presti attenzione, ti capita di notare che l’arena cambogiana viene sostituita da sacchi di plastica (tipo quelli che contengono il grano) pieni di sabbia, provenienti da Mondragone (Caserta) e un po’ ti viene da chiederti che tipo di sabbia sarà quella e soprattutto chi la manda lì…. Il territorio cambogiano fino a 40 anni fa era ricoperto da giungla, ora ne rimane veramente poca e la deforestazione selvaggia sta facendo aumentare la temperatura e l’umidità creando evidenti disagi per la popolazione. Praticamente non esistono coltivazioni al di fuori di quella del riso che comunque viene prodotto solo per l’autosufficienza delle famiglie.
Eppure la Cambogia è un paese splendido. Ferito, sanguinante e sconfitto, ma conserva un tesoro splendido: la sua gente. Non ci si abbraccia laggiù, non ci si tocca mai, ma non io non ho mai provato la sensazione di distacco o simile perché chiunque tu conosca od incontri ti accoglie con un grande sorriso, spesso sdentato, ma che fa brillare gli occhi. Trent’anni fa la popolazione è stata ridotta di più di un terzo da uno dei genocidi più ignorati dall’umanità, i soldati erano bambini di 10 – 15 anni che per dimostrare fedeltà dovevano uccidere i propri genitori, e chiunque ha subito perdite devastanti e brutali. Vi sono ancora molte tracce di questo ma, mi è stato detto, il popolo aveva due scelte: continuare ad uccidersi tra fratelli o perdonare e andare avanti. Loro hanno scelto di perdonare ed ora carnefici e vittime convivono pacificamente gli uni accanto agli altri. Un uomo mi ha detto che hanno capito che l’unico vero strumento di pace è la comunicazione vera e profonda che crea relazioni, perché se ti ricordi sempre che quello che stai per uccidere è tuo fratello, se ti riconosci in lui, allora la pace può essere preservata. Un altro mi ha detto che in cambogia sono molto poveri, non hanno nulla ma che quindi non hanno nulla da perdere e non hanno paura di incontrare le persone, perché se non hai niente non hai neanche nulla che possa esserti portato via, perché te stesso, la tua essenza non te la può togliere nessuno. Ed ogni parola ha un peso fondamentale, se si deve raccontare qualcosa che richiede tempo, a cui bisogna prestare attenzione, non la si racconta fino a quando non si è disposti a dedicarci tempo, senza limitazioni. Non si incominciano mai discorsi che sai di non poter terminare perché ogni singola parola ha un significato e valore, è molto molto importante.
Io mi sono scoperta adulta in cambogia, per la prima volta mi sono “sentita tutta”, cioè ho sentito il mio Spirito perfettamente modellato dal mio corpo. E’ il dono più grande del viaggio, un altro è stato sentirsi dire che non sono la classica occidentale perché sorrido e gli occidentali non sorridono.
E’ stata la prima cosa di cui mi sono accorta al mio rientro. Siamo una società triste, siamo noi i poveri se non sappiamo più sorridere. Sono tornata con un estremo bisogno di radicalità, bisogno di “togliere” le cose inutili, tutte le sovrastrutture che si hanno nei rapporti, ad esempio, e che ci impediscono di viverli in pienezza, quando sono l’unico vero lusso che abbiamo. Togliere per trovare l’essenziale, come fanno gli intagliatori, levano il legno per creare opere splendide. Ma la difficoltà grande è conservare il te stesso che incontri quando torni nella vita di prima. Questa è la sfida, continuare a “sentirmi tutta”ed imparare a farlo qui.
Si parte anche per scegliere da che parte stare ed io scelgo di stare dalla parte di quelli che sorridono.
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